Il pericolo – per ora – è scampato. Il Piano lupo elaborato in sede tecnica dal ministero per l’Ambiente è stato respinto dalle Regioni e dovrà dunque essere riesaminato. Il punto critico è la possibilità di eliminare (a carte condizioni e su richiesta delle singole Regioni) ogni anno fino al 5% della popolazione di lupi, un aspetto che dovrà essere ridiscusso e ridefinito. Intanto il Piano lupo, articolato su 22 azioni, che pareva diretto verso l’approvazione, è bloccato.
E’ un successo importante che scaturisce dall’ampia mobilitazione del mondo animalista e ambientalista, che ha immediatamente colto nell’apertura alla possibilità di uccidere legalmente i lupi una svolta culturale, etica e politica inaccettabile, un cedimento alle richieste più estremiste delle organizzazioni agricole e degli allevatori.
Queste organizzazioni, alle prese con una crisi dovuta a ragioni produttive e commerciali, chiedevano di colpire il lupo e quindi di abbandonare la strategia di protezione avviata più di 40 anni fa; il governo si era mostrato sensibile e ben disposto a procedere lungo una strada di forte impatto simbolico ma di assai dubbia efficacia, se l’obiettivo è davvero la protezione delle greggi dai predatori o il recupero di spazi di mercato.
Il Piano lupo è stato respinto ma siamo di fronte a un rinvio, non a una cancellazione. Il pericolo è sventato, dibattito si riapre, la lotta continua.
QUI SOTTO l’intervista di Francesca De Matteis con Massimo Vitturi, responsabile Lav per la fauna selvatica, durante il presidio davanti alla sede della Conferenza Stato-Regioni.
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