All’inizio del 2016 la nostra redazione è stata promotrice di una campagna di denuncia e di contrasto rispetto alla legge della regione Toscana che ha dato il via libera a una strage senza precedenti di cinghiali, caprioli e altri ungulati. Migliaia e migliaia di animali saranno uccisi nell’arco di tre anni grazie a un calendario venatorio ad hoc, per questa eliminazione di massa, che ha fatto piazza pulita di aree protette, giorni di pausa, mesi di divieto: le squadre della morte in Toscana lavorano quasi a tempo pieno, sull’onda di una presunta emergenza ungulati alla quale si è deciso di dare una risposta in apparenza ovvia: ucciderli per ridurne il numero.
Una risposta di guerra – con nessuna possibilità, peraltro, di raggiungere il suo obiettivo dichiarato, visto che gli ungulati rispondono alle stragi aumentano la propria capacità riproduttiva e migratoria – che abbiamo cercato di contrastare trovando come alleati numerosi uomini e donne di cultura, artisti, firmatari di un appello ai vertici della Regione – invitati, purtroppo invano – a scegliere una via non cruenta.
L’uso della violenza e il disinteresse per gli appelli alla moderazione e al rispetto della vita non hanno fatto breccia nel palazzo dei governanti toscani, che hanno appena autorizzato un altro piano di abbattimenti di massa, stavolta riguardante le volpi. Se ne autorizza l’uccisione di 4000 ogni anno per tre anni. Perché proprio 4000? Difficile saperlo, se si considera che la stessa Regione toscana ammette di non disporre di un censimento attendibile e dice nei testi che hanno accompagnato la legge:
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non esistono dati scientificamente attendibili relativi al calcolo di densità della volpe, né test di significatività statistica,
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si cercherà di migliorare progressivamente la qualità dei dati, le tabelle illustrano in maniera ancora disomogenea,
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i dati dovrebbero avere un alto grado di precisione e di standardizzazione che nel nostro caso non sono ancora stati raggiunti
Ma evidentemente niente importa, se non agire secondo la vecchia logica dell’emergenza – vera o presunta che sia – e assecondando gli istinti primari di violenza, di cui i cacciatori sono interpreti naturali, ma che sono graditi, evidentemente, anche nelle stanze del potere. Il tutto mentre la Coldiretti scende in piazza – è successo a Firenze – contro gli animali selvatici, indicati come responsabili di ingenti danni che starebbero mettendo in crisi il settore, che per la verità sembra in difficoltà soprattutto per ragioni di mercato. Ma il ruolo del colpevole è toccato agli animali, che non possono difendersi da simili attacchi e verso i quali è facile puntare, letteralmente, il mirino, escludendo in partenza di compiere un percorso diverso, che preveda un esame attento e non rabbioso e preconfezionato dei problemi e tenga nella dovuta considerazione la dignità degli animali e il criterio della giustizia.
Lo slogan che avevamo scelto per la campagna contro lo sterminio dei cinghiali, si conferma amaramente azzeccato, perché in grado di cogliere certe trasformazioni politiche in corso: Toscana rossa… di sangue.
QUI L’INTERVENTO DI MARIANGELA CORRIERI, DELL’ASSOCIAZIONE GABBIE VUOTE
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