“La frontiera dei cani” di Marie-Luise Scherer è un libro molto disturabante. E’ classificabile come “non fiction”, quindi più di un reportage senza essere un romanzo. Nomi e fatti possono essere di fantasia, ma la vicenda nel suo insieme è assolutamente vera. Il libro, pubblicato dall’editore Keller, in tutto cento pagine di piccolo formato, conduce il lettore in una condizione quasi claustrofobica, trasmettendo una sensazione di oppressione. Tutto è cupo, triste e violento in quella prozione di Germania, nel nord del paese, lungo la quale correva il confine fra la Repubblica federale e la Ddr. La narrazione si svolge sul lato orientale e descrive la vita lungo quella striscia di separazione, profonda cinque chilometri, che faceva da cuscinetto fra i due paesi.
L’intera area, comprendente 297 villaggi, era interdetta a chi non vi risiedesse, salvo la disponibilità dipermessi temporanei, che sempre escludevano peraltro la possibilità per i non residenti, di pernottare. La zona era sorvegliata da truppe di confine, ma quel che restituisce la dimensione crudele e totalitaria della sorveglianza è l’utilizzo di cani da guardia. Fu installato lungo la zona cuscinetto un sistema di guinzagli legati a lunghi cavi: centinaia di cani allineati formavano così una barriera di allarme e di protezione in grado di dissuadere gli aspiranti al passaggio nella Germania federale.
I cani correvano facendo sferragliare le catene, senza alcuna possibilità di interagire con i propri simili e venivano accuditi molto spartanamente dai soldati addetti alla loro, diciamo così, manutenzione. Molti impazzivano, altri non resistevano fisicamente ai disagi: il gelo d’inverno, il sole battente d’estate, l’incuria dei soldati. L’angoscia di questi cani diventa l’angoscia del lettore e si somma alla desolazione suscitata dalle meste vite dei guardiani umni. Per alimentare questo sistema di protezione delle frontiere nella Ddr era stato messo a punto uin sistema di allevamento e di fornitura di cani giudicati particolarmente adatti per quel compito.
Per noi da questo libro scaturisce una considerazione riguardante i cani, animali generalmente privilegiati nella nostra società. Questo libro mostra con forza come non ci siano esenzioni di specie laddove la logica del dominio prevalga. La società totalitaria, nella sua smania di controllo, usava le truppe di confine e i cani-soldati con eguale pretesa di obbedienza e sottomissione. I cani, ovviamente, erano al piano più basso della piramide, sottoposti alle angherie e anche alle selezioni secondo docilità ed efficienza operate dai sorveglianti, a loro volta meri manovali nell’ambito delle strutture di controllo.
“La frontiera dei cani” può essere considerato anche un libro di storia: una storia senza riscatto, com’è spesso la sorte degli animali nella nostra società.
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