Perle agli umani

2/3/14 – “La via del lupo” di Marco Albino Ferrari

Oggi vogliamo parlare dei lupi, dei quali ci siamo occupati con notizie di cronaca nelle puntate scorse a causa della campagna di morte attuata in Maremma da ignoti personaggi, che sono arrivati, in più occasioni, ad esibire in pubblico, a mo’ di sfregio e di ammonimento, le teste degli animali uccisi.

 

E’ di questi giorni la notizia di un piano speciale della Regione Toscana, d’intesa con le province di Grosseto, Arezzo e Firenze, per affrontare la questione dei lupi e degli ibridi randagi sul piano della razionalità e del rispetto. Il piano prevede fra l’altro il rafforzamento dell’anagrafe canina, la protezione delle greggi più esposte a possibili assalti, i risarcimenti agli allevatori eventualmente danneggiati, il censimento della popolazione dei lupi e la protezione della loro “purezza” – un punto quest’ultimo discutibile, come vedremo fra poco. Il piano prevede una spesa intorno ai 4-5 milioni e si avvarrà, fra l’altro, di cunslenti esperti. uno fra tutti il professor Luigi Boitani.

 

ferrarilupoParliamo di Boitani perché è protagonista del libro che oggi vi proponiamo, “La via del lupo”, scritto da Marco Albino Ferrari e pubblicato da Laterza nel 2012. L’autore, come si intuisce dal titolo, segue le tracce del lupo nelle zone del suo insediamento, dai monti Sibillini alla Maiella, dalle Foreste casentinesi alla Alpi Marittime alla Valsavarenche.

 

E’ un racconto di piccole-grandi avventure, di incontri con persone che il lupo hanno incontrato, con presidenti di Parco e naturalisti che si stanno impegnando per proteggerne l’esistenza dalle infinite insidie, prima fra tutte un habitat spesso ostile e la diffidenza delle popolazioni, che ha radici antiche e in fondo non è mai cessata nonostante gli sforzi compiuti. Le vicende di queste settimane in Maremma lo dimostrano.

 

Dicevano di Boitani, protagonista con l’etologo Erik Zimen e David Mech, nei primi anni Settanta, della prima missione scientifica intrapresa in Italia per censire il lupo, studiarne i movimenti, valutarne le sue possibilità di sopravvivenza. Il tutto avviene grazie al cosiddetto Progetto lupo ideato dal Wwf Italia diretto all’epoca da Fulco Pratesi. Si trattava di censire la presenza del lupo lungo l’Appennino, in particolare nel massiccio della maiala.

 

Quel censimento fu un’autentica avventura, condotta da tre studiosi appena trentenni (il più vecchio aveva 34 anni), con mezzi tecnologici che oggi paiono antiquati. Quella campagna portò a stabilire che il lupo ancora abitava quelle montagne, ma che era in grave pericolo di estinzione.

 

Così Ferrari descrive l’avvio della ricerca: “I protagonisti sono tre studiosi appena trentnni. Hanno un aspetto trasandato e un po’ hippie e comunicano tra loro in una lingua ibrida, un mix di inglese, italiano e tedesco. Vivono in un totale e felice isolamento sulle montagne della Maiella. E si rifugiano ininterrottamente, stagione dopo stagione, in una capanna di tronchi d’albero, priva di luce, di gas, di telefono, vicino ai confini del bosco. Sono giovani, disagi e pericoli non li preoccupano, e grazie alla loro formazione, diversa e complementare, hanno messo su una squadra ideale per studiare il lupo nel suo stesso ambiente. Il lupo diventerà parte di loro“.

 

Il momento topico di questa pionieristica ricerca è la cattura del primo esemplare per l’applicazione di un radiocollare. E’ un episodio che Ferrari racconta con grande pathos, scendendo nei particolari della ricerca e spiegando con cura i comportamenti del lupo e dei tre ricercatori. Le enormi difficoltà per non insospettire il lupo nel piazzare le gabbie, la narcotizzazione con una siringa fissata a un lungo palo e infine l’applicazione del radiocollare.

 

Erano tempi, quelli, in cui non esistevano i satelliti e le tecnologie oggi a disposizione. Il radiocollare aveva una capacità di trasmissione limitata a poche centinaia di metri e perciò, per studiare gli spostamenti del lupo occorreva muoversi in boschi impervi, portandosi dietro ingombranti attrezzature di ricezione, con le difficoltà che è facile immaginare.

 

 

Ferrari insegue il lupo sulle nostre montagne, accompagnando il lettore in un’esplorazione densa di mistero e di avventura. Un’esplorazione ricchissima, piena di fascino per quanto l’autore debba ammettere “non sono mai riuscito a scorgere un solo esemplare di Canis lupus italicus in natura”. Ma la ricerca del lupo, lo sforzo compiuto per immaginarne la vita nel folto della foresta, i passaggi di notte nelle viuzze di paesi montani semi abbandonati sono altrettanto emozionanti dell’incontro vero e proprio.

 

Alla fine del libro Ferrari sviluppa considerazioni sul destino del Canis lupus italicus, la cui sorte accompagna la parabola della società italiana, con il rischio di estinzione che ha toccato il suo apice a cavallo fra ani 60 e 70, al culmine del processo di industrializzazione e cementificazione del territorio, ma che non è affatto superato. Oggi leggi e convenzioni proteggono il lupo, ma la minaccia – secondo i naturalisti è un’altra – e cioè l’ibridazione.

 

La purezza della razza è in pericolo per gli incroci con i cani inselvatichiti, i cosiddetti ibridi, diffusi anche in Maremma e che la Regione Toscana con il suo pometo citato prima, si propone infatti di individuare, isolare e trasferire.

 

Qui scatta la contraddizione dei punti di vista fra il biologo naturalista, interessato alll sopravvivenza del patrimonio genetico del Canis lupus italicus e l’animalista, interessato a tutelare gli individui e quindi aperto all’incrocio e al meticciato.

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