Pubblichiamo questo intervento di Massimo Terrile, del Movimento antispecista. E’ una riflessione sulla ricorrenza natalizia che ci pare interessante.
Per un Natale antispecista
Il Natale cristiano è un evento importante, al quale si è talmente abituati da non dedicarvi più alcuna riflessione. Le origini di tale festività e di quelle ad essa connesse nel mondo occidentale sono peraltro ben più remote.
Gli antichi romani celebravano in tale periodo i Saturnali, in ricordo del Prometeo latino (Saturno) che avrebbe insegnato loro l’agricoltura, l’uso della moneta e le prime regole del vivere civile, commemorando così l’uscita dalla barbarie e i primi principi di eguaglianza sociale. Pare sia stato il Re Numa Pompilio ad istituire la festività, per celebrare anche la fine temporanea del lavoro dei campi dopo le ultime semine. Durante tali feste era uso scambiarsi doni e candele, e prodigarsi in atti di fratellanza verso gli schiavi.
Per gli ebrei ricorre in tale periodo la festa del Chanukkah (letteralmente ‘inaugurazione’, o anche ‘festa delle luci’), in ricordo della consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme per la rinascita del culto originario dopo l’invasione degli ellenici (II° sec. a.C.) che volevano distogliere gli ebrei dalla Torah (La Legge).
Sempre in epoca pre-cristiana, in Germania, la tradizione era associata al dio Odino, il quale (in occasione della sua battuta di caccia in tale periodo) sostituiva con dolciumi il cibo per il suo cavallo che i bambini mettevano negli stivali appesi al caminetto.
Sul finire del secondo secolo d. C. infine, il 25 dicembre veniva festeggiata a Roma per iniziativa di Aureliano (274) un’altra ricorrenza: il “Dies Natalis solis invicti”, riferito al rinascere del sole dopo il solstizio del 21 dicembre.
In epoca paleocristiana, i fedeli di Mitra onoravano peraltro il 25 dicembre la nascita del dio orientale, simboleggiante il Sole. Nella stessa epoca, i cristiani anticiparono a tale giorno la nascita di Gesù, prima fatta coincidere con l’Epifania (dal greco tà epiphàneia, ‘apparire sopra’, riferito alla manifestazione della divinità in forma visibile; nella fattispecie ai Magi, nella grotta di Betlemme).
Nei paesi nordici europei si celebra in tali giorni la festa di Santa Lucia, la notte più lunga dell’anno e quella di Santa Claus (pare dal nome del vescovo Nicola di Myra nel IV secolo, città della Licia, ora Anatolia) che inaugurò la tradizione dei regali ai bambini allo scopo di effettuare visite pastorali nelle famiglie.
Il sincretismo tra le feste pagane e le ricorrenze ebraico-cristiane ha fatto sì che oggi il periodo di fine anno sia celebrato come sappiamo. Un misto di entrambe. Il simbolismo cristiano, peraltro, proponendo l’immagine della sacra famiglia con il dio-bambino al centro, i genitori, e gli animali sullo sfondo, invia da quasi duemila anni un messaggio a forte contenuto antropocentrico. Se si prova a guardarla con occhi disincantati, l’immagine del “salvatore dell’umanità” che nasce in una grotta e viene “riscaldato” da un asino e da un bue, oltre ad un messaggio di umiltà, ne contiene uno meno dolce: la presenza puramente funzionale degli animali. Per l’etica cattolica cristiana moderna, secondo la quale “Dio li ha posti, insieme alle altre creature non umane, a servizio dell’uomo, perché egli possa, anche attraverso di loro, giungere al suo sviluppo integrale”[1] è ovvio venga loro attribuito un ruolo di questo tipo. Il diritto alla vita, al rispetto, al benessere ed alla non discriminazione degli esseri senzienti non umani, che oggi iniziano ad essere riconosciuti per la loro capacità di avere sentimenti e di poter gioire o soffrire, vengono quindi in tale ottica ancora collegati e subordinati ad un ‘racconto dell’inizio’. Ossia ad un versetto della Bibbia[2] che pone gli umani al di sopra delle altre creature per giustificarne lo sfruttamento. Non è pertanto difficile intuire come lo specismo possa trovare in tale concetti e nei principi da essi derivati le più profonde radici e giustificazioni.
Per contro, già nel 550 avanti Cristo, ossia circa 2500 anni fa, Buddha e Jaina in India tracciavano il profilo di un’etica rivolta alla compassione verso tutti gli esseri viventi, denunciando l’errore di una visione antropocentrica dell’universo, e adottando il vegetarismo quale principio coerente con tale concezione. Principio che oggi ha trovato ampio consenso sia dal lato etico, sia da quello scientifico. Da cui le sempre più frequenti rivendicazioni dei ‘diritti degli animali’, e le proteste – anche e specialmente in occasione di tali festività – per la loro crudele e immorale uccisione al fine di soddisfare bisogni tutt’altro che vitali.
Considerata quindi la coincidenza del solstizio d’inverno con le credenze ad esso associate, si potrebbe celebrare un ‘Natale’ dal significato ben diverso da quello della tradizione ebraico-cristiana. Ossia un momento nel quale si celebra la ‘rinascita’ della luce intesa come ‘logos’ o ragione (senza con ciò cadere nel pagano), il risorgere della vita ed il rispetto di tutti gli esseri senzienti.
Massimo Terrile
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