Se penso a cosa mi ha colpito di più della Sagra del seitan di quest’anno mi tocca rispondere che la cosa più sorprendente per me è stata conoscere di persona Leonardo Caffo, filosofo dell’antispecismo, e scoprire che è nato nel 1988. Non ha nemmeno 25 anni!
Non lo avevo mai incontrato e leggendolo, chissà come mai, avevo pensato che avesse tra i 30 e i 40 anni. Rendermi conto del suo anticipo sui tempi previsti , della sua – possiamo dirlo – “ precocità“, mi ha creato qualche problema forse covo un senso di colpa per essere stata un’attivista animalista non praticante per anni e anni?
Comunque, siccome meglio tardi che mai e poiché trovo eccitante venire a contatto con cortecce cerebrali belle spesse lo choc non mi ha impedito di estrarre il microfono e porre a Leonardo Caffo qualche domanda sul suo ultimo libro (eh si, l’ultimo, perché ovviamente caffo ne ha gia’ scritti anche altri!) titolato “Il maiale non fa la rivoluzione. Manifesto per un antispecismo debole”, appena uscito per i tipi di Sonda.
E’ un libro che, come spiega l’autore, vuole invitare a osservare la realtà con gli occhi di un cucciolo di maiale appena nato che guarda la madre stanca e violentata, e che può solo aspettarsi che la vita sia un inferno. L’obiettivo ambizioso di Caffo è far sì che alla fine della lettura tra lettore e maiale non ci sia più nessuna distanza.
Il libro è anche il frutto di un inesauribile confronto a distanza: quello tra l’autore di questo libro e Marco Maurizi, teorico dell’antispecismo politico, autore di altri libri e anche lui filosofo. Caffo riconosce che l’antispecismo politico di Maurizi sia stato fondamentale anche per la sua formazione ma allo stesso tempo lo critica e tenta di superarlo con un altro tipo di animalismo che mette gli animali “prima di tutto” e che Caffo chiama “antispecismo debole”, una teoria in divenire che ritiene che un maiale lacrimante prima della gogna valga, da solo, più di tutti i sogni dell’umanità e che dunque la sua liberazione è prioritaria, più urgente di qualsiasi altra cosa.
Caffo conclude il suo libro sostenendo, come Maurizi, che occorre immaginare una nuova umanità, ma a differenza di Maurizi la sua idea di nuova umanità passa proprio dalla liberazione dell’animalità, dal ritrovarci insomma “gli animali che dunque siamo”.
Tra i due filosofi-duellanti si capisce che c’è molta ammirazione e rispetto reciproco ma soprattutto i due vivono uno stesso vibrante slancio, verso la librazione animale.
Camilla Lattanzi
quante stupidaggini esistono al mondo…