Nella homepage del sito del Parco Nazionale d’Abruzzo campeggia la scritta: qui la natura è protetta. Eppure domenica 7 luglio è stato ucciso dai bracconieri un orso marsicano di 10 anni circa in ottimo stato di salute, che si chiamava Stefano, e il suo corpo senza vita è stato ritrovato alle pendici del Monte Marrone nel comune di Castel S. Vincenzo (IS), versante molisano del Parco. Nel suo corpo siano stati rinvenuti almeno tre colpi d’arma da fuoco, di diversa data e di diverso calibro, i quali testimoniano, inequivocabilmente, come l’animale sia stato più volte oggetto di atti di bracconaggio.
La LAV che aveva inizialmente messo in palio una taglia di 2000 Euro da concedere a chiunque sarà in grado di fornire informazioni utili all’individuazione degli assassini dell’animale, grazie alle donazioni di tanti cittadini ha aumentato tale taglia a 5000 Euro a riprova che siamo al Far West e che solo un delatore potrà rompere il muro del silenzio che circonda la triste fine di Stefano uno degli ultimi orsi presenti sulle nostre montagne
Se individuati, i bracconieri responsabili non dovranno rispondere solamente del reato di uccisione di animale con crudeltà, ma anche di quello di “furto venatorio”, un furto aggravato ai danni dello Stato.
L’associazione “Salviamo l’Orso“ ha organizzato una manifestazione che si è tenuta domenica 15 luglio nei paesi di Castel San Vincenzo e Rocchetta a Volturno, dove è stata ritrovata la carcassa del plantigrado. Lo slogan della manifestazione alla quale hanno partecipato un centinaio di persone è stato “Arrembaggio al bracconaggio”, con l’obiettivo di condannare i fautori dell’omicidio chiedendo un maggiore impegno sia da parte delle istituzioni che da parte dei cittadini. All’iniziativa hanno aderito diverse associazioni quali Salviamo l’Orso, Federtrek, ALTURA, Mountain Wilderness Abruzzo e LIPU Molise, oltre ad alcuni esponenti del mondo politico, tra cui Grazia Francescato (Verdi), Maurizio Acerbo (Consigliere Regionale Partito della Rifondazione Comunista), SEL Abruzzo.
Gli orsi marsicani sono il simbolo del Parco e rappresentano un’attrattiva turistica importante ma sono anche una specie a rischio d’estinzione. Secondo le stime del Parco nazionale dal 1971 a oggi 18 orsi sono stati uccisi a riprova dello stato di profondo abbandono del territorio: terre di nessuno dove, per le azioni di alcuni irresponsabili e per l’omertà di molti, viene compromesso un prezioso patrimonio biologico, verso il quale mancano investimenti pubblici adeguati.
Se si va avanti è grazie a donazioni private come quelle della miliardaria americana Jenny che nel 2006 aveva destinato un milione di euro al parco, al Corpo forestale e alla Sapienza di Roma proprio per la ricerca e la conservazione dell’orso marsicano. Ma il PATOM, il Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano è ad oggi rimasto soltanto un insieme di parole mai concretizzatesi in fatti.
A riprova della inadeguatezza delle politiche ecologiche italiane attuate a ogni livello, il TAR dell’Abruzzo ha recentemente emesso una dura sentenza che, secondo il Wwf, promotore del ricorso, “censura duramente l’operato della Regione Abruzzo praticamente su tutte le scelte venatorie”. “Particolare rilevanza”, sottolinea l’associazione ambientalista, “acquista il giudizio sulla tutela dell’orso bruno”.
Mentre in tutto il paese le Province consentono la caccia in deroga, fuori dal periodo venatorio e in pieno periodo riproduttivo a nutrie, volpi, gazze, cornacchie, cinghiali e cervi, a livello nazionale il Ministero per l’Agricoltura guidato da Nunzia de Girolamo propone una riforma che dovrebbe consentire la caccia nei parchi e nelle oasi di protezione, l’eradicazione della fauna alloctona, la caccia sulla neve, la possibilità di uccidere specie di avifauna protette anche a livello internazionale nei periodi di migrazione, nidificazione, dipendenza dei piccoli dalle madri, e non cancella dall’elenco delle specie cacciabili le 19 specie di avifauna che a livello europeo sono considerate da proteggere.
La più sfrenata schizofrenia permea le nostre relazioni con il vivente, per cui da un lato investiamo denaro pubblico in progetti come LIFE ARCTOS, LIFE URSUS, per la SALVAGUARDIA o addirittura per la reintroduzione dell’orso, e dall’altra legittimiamo chi, armato di fucile, ha come obiettivo stroncare vite animali. E’ vero che caccia e bracconaggio non sono esattamente la stessa cosa, ma è anche chiaro che l’uno alimenta l’altro e che i cacciatori di frodo hanno sempre un regolare porto d’armi in tasca e sono anche cacciatori.
La guerra al vivente è esplicitamente dichiarata. Noi, come cittadini, possiamo decidere da che parte stare. La redazione di Restiamo Animali spera che quei 5000 Euro siano superflui e che chi ha ucciso Stefano abbia un rigurgito di dignità e di umanità e si costituisca, appendendo definitivamente al chiodo la sua doppietta insanguinata.
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