Ecco la recensione di Camilla al libro “Se niente importa” di Jonathan Safran Foer.
Il libro “Se niente importa” di Jonathan Safran Foer è un libro al quale devo molto.
Ero già vegetariana da più di 10 anni e pensavo che questo bastasse, che fosse tutto quello che andava fatto per il bene del clima e dell’ambiente, per il bene della giustizia nelle relazioni tra nord e sud e per evitare che gli animali venissero ammazzati anche per mia responsabilità. Insomma non solo mi sentivo a posto con la coscienza ma anche parecchio impegnata e attiva!
I pochi vegani che avevo intravisto mi parevano un po’ fissati e inutilmente estremi. Mi raccontavo che se tutti al mondo fossero stati vegetariani come me, il problema sarebbe stato praticamente risolto. Non avevo mai dibattuto la questione con una persona più avanti di me nell’analisi, avevo coltivato la scelta vegetariana da sola all’interno del mio piccolo mondo nel quale ero già sufficientemente rivoluzionaria: mia madre ha sempre ritenuto che ogni mio mal di testa o raffreddore e anche il mal di schiena fossero tutti dovuti alla mia alimentazione vegetariana. E anche rispetto agli amici e conoscenti, quasi tutti onnivori, ero considerata un tipo coerente e inflessibile.
Il libro “Se niente importa” di Jonathan Safran Foer mi ha fatto capire che non ero arrivata ma anzi che il più del cammino andava ancora fatto. Ha aperto uno squarcio sulle mie contraddizioni, mi ha messa di fronte a nuove evidenze. In quel libro ho trovato informazioni e dati sulla filiera del latte del formaggio e delle uova, filiere che hanno come esito il macello, esattamente come quella della carne. Ho capito che essere vegetariani è un passaggio, perché dal punto di vista ambientale climatico e di protezione degli animali, gli esiti non sono poi tanto diversi. Sempre schiavitù, sempre sfruttamento, sempre aberrazioni produttivistiche, sempre sofferenza, eppoi … la morte.
Ma il libro non si accontenta di questa prospettiva, e si addentra sul piano etico, un piano del pensiero e dello sguardo che non ammette mediazioni e che ho trovato particolarmente nutriente. L’autore si chiede se ne abbiamo il diritto. E di fronte a questo non ho trovato nessuna possibile risposta se non un secco “NO”. L’argomento della sostenibilità ambientale ammette gradazioni, quello etico invece non può avere sfumature. Ammettereste un po’ di pedofilia o un po’ di stupro?
L’autore si chiede cos’e’ un animale e così ho scoperto che anche noi umani siamo animali. L’autore si chiede se è sentimentalismo preoccuparsi della vita degli altri animali e io ho capito che a non essere sentimentali si diventa realisti e che il realismo porta a scendere a patti con il martirio di miliardi di animali, quindi io ho scelto di non essere realista e di restare sentimentale. L’autore si chiede se in nome del gusto sia ragionevole massacrare quelle vite, e io ho scoperto che per me un cibo, per quanto squisito al gusto, se causa sofferenza e morte di altre vite, diventa troppo amaro. L’autore si chiede se le razze animali siano qualcosa di naturale e io ho capito che se lasciassimo gli animali liberi in natura le razze che conosciamo scomparirebbero rapidamente. L’autore chiede a un allevatore se avesse mai voluto risparmiare la vita a uno dei suoi animali e l’allevatore risponde che una mucca una volta gli aveva leccato a lungo il viso prima che lui la finisse con un proiettile, e io ho capito che quella sua risposta era il risultato di una vita e di un sistema violenti, che de-sensibilizzano e con cui non desidero collaborare. L’autore si chiede come dev’essere, per un animale, una vita degna di essere vissuta, e io ho capito di essere completamente ignorante sull’etologia degli altri animali e che avevo voglia di conoscerli meglio.
Infine l’autore indaga sulle torture e le violenze che vengono regolarmente inflitte agli animali negli allevamenti da uomini abbrutiti dal tipo di lavoro che svolgono. Quella è stata la parte più dolorosa per me, capire che i guardiani degli animali non solo non hanno alcuna compassione e non cercano di alleviare i prigionieri dalle terribili sofferenze che patiscono, ma che spesso diventano anche i loro aguzzini… d’altra parte nella prigionia e nella costrizione la tortura e la violenza non si può dire che siano eccezioni. E’ cosi anche nei nostri sistemi carcerari, come raccontano tanti tragici fatti di cronaca.
Dopo avere letto questo libro ho sentito il bisogno imperativo di decidere in modo piu’ attivo quello che desidero mangiare e ho vissuto come liberatorio abbandonare scelte che non facevano più per me. Ho sentito una forte curiosità e motivazione verso le alternative esistenti, ho voluto esplorarle.
Oggi sono vegana, e non ritengo il mio come un punto di arrivo, sono ancora in cammino anche perché l’antispecismo è come un paio di occhiali nuovi con i quali guardare al nostro posto nello spazio e nel tempo, ma ho almeno scelto di non contribuire a un sistema che trovo immorale e di questa mia scelta vado fiera. Posso dire che il libro mi ha aiutata a capire e a scegliere chi volevo essere. Ha contribuito alla costruzione di un pezzettino della mia identità.
Per tutte queste ragioni ne consiglio la lettura, e non solo a chi è già a disagio con il consumo di prodotti di origine animale ma soprattutto a chi è a suo completo agio, affinché possa porsi le questioni e fare delle scelte che, giuste o sbagliate, saranno almeno consapevoli.
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