Nella puntata dell’11 marzo abbiamo presentato il libro “Ecocidio. Ascesa e caduta della cultura della carne” di Jeremy Rifkin.
Si tratta di un libro del 1994 pubblicato in Italia per la prima volta nel 2001 che a venti anni di distanza e ancora attualissimo.
Rifkin collega la cultura della bistecca imperante nella nostra società, con la devastazione ambientale e la fame nel modo. Ma anche con la teoria della razza, la cultura machista e sessista, la concentrazione di ricchezze capitaliste, la divisione del lavoro, la catena di montaggio e gli standard di efficienza. Tutti concetti originariamente messi a punto nei mattatoi. Un libro illuminante e profetico.
Per incuriosirvi eccovi qualche brano.
La vacca è un animale tra i più placidi. Per temperamento, appare pacifica e soddisfatta. Ha una visione del mondo sfocata, dato che le manca la macula lutea, un’area gialla della retina che aiuta a mettere a fuoco gli oggetti. In compenso ha olfatto e gusto sviluppatissimi sensibili al minimo cambiamento. Bruca in uno stato di quasi sonnambulismo, come se fosse introversa e preoccupata. Sembra vivere in un mondo parallelo, un luogo lontano dall’agitazione e dal dinamismo che altri animali manifestano. […] Per liberarsi la coscienza l’uomo moderno ha eretto una serie di barriere che lo separino, per quanto possibile, dall’animale di cui si nutre. Sottraendosi a una relazione intima con la preda, l’uomo è riuscito a sopprimere il profondo legame emotivo che, insieme alla paura, al disgusto, alla vergogna e al pentimento, accompagna l’uccisione di un’altra creatura. […] Le culture carnivore hanno ulteriormente separato gli uomini dagli animali di cui si nutrono, trasferendo la responsabilità dell’uccisione, nascondendo l’atto della macellazione, camuffando il processo di smembramento e celando l’aspetto animale del cibo nelle prepaarazioni alimentari. […] Oggi bovini e altro bestiame sono tenuti separati, sottratti alla vista del pubblico, fino al momento in cui compaiono sotto forma di tagli e porzioni, al banco dei supermercati. Gli allevatori hanno rinchiuso il patrimonio zootecnico della nazione in aree rurali recintate ed escluse dalla vista del pubblico come i complessi industriali. Le stalle sono talmente automatizzate che il contatto fra inservienti e animali è minimo: perfino il dosaggio giornaliero del cibo spesso è gestito e regolato da un computer. […] In un recente numero della rivista Meat Trade Journal uno dei redattori proponeva di sostituire i termini “macellaio” e “macello” rispettivamente con ” operatore di impianti per la produzione della carne” e “fabbrica di carne”, per adeguare il linguaggio alla sensibilità del pubblico, sempre più animalista.
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