Il termine “vegan” ha una data di nascita ufficiale e anche un padre conosciuto. La parola fu infatti coniata in Inghilterra nel 1944 da Donald Watson, un membro della Vegetarian society che in quello stesso anno, con altri attivisti, diede vita alla Vegan society.
Il termine è una contrazione di vegetarian, da cui prende le prime tre e le ultime due lettere: “L’inizio e la fine del vegetarismo”, ha detto Watson una volta.
Donald Watson, che è scomparso nel 2005, e i suoi compagni d’avventura, crearono la nuova organizzazione perché la Vegetarian society respinse la proposta di estendere il rifiuto di nutrirsi con cibi di origine animale ai prodotti caseari. Per produrre latte e formaggi, dicevano, le mucche sono schiavizzate, separate dai loro figli neonati, con i vitelli destinati al macello e loro stesse a una fine precoce, una volta diventate poco produttive. La Vegan society, in sostanza, intendeva allargare l’ambito di applicazione dei princìpi vegetariani: non solo il rifiiuto d’esser complici della morte diretta degli animali da carne, ma anche dello sfruttamento e della morte precoce degli animali utilizzati per il latte. Lo stesso principio sarebbe stato esteso più tardi alle uova.
Oggi la Vegan society definisce il veganismo la dottrina secondo la quale l’uomo dovrebbe vivere senza sfruttare animali, proponendo quindi una filosofia, uno stile di vita che cerca di eliminare lo sfruttamento degli animali per il cibo, il divertimento, la ricerca scientifica, l’abbigliamento, il lavoro.
In italiano parliamo di vegani e di veganismo, con un adattamento del termine inglese: questa terminologia ha avuto più fortuna di un sinonimo che per qualche tempo è stato utilizzato: ossia vegetaliani, con la elle al posto della erre, a identificare un’alimentazione di origine totalmente vegetale. Ma l’etica vegan, come abbiamo detto, non ha solo valore alimentare.
Vedi anche il sito del Progetto Vivere Vegan.
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