Recensione di Camilla Lattanzi
“DOGLANDS”, romanzo di Tim Willocks, casa editrice SONDA
Prima edizione inglese: 2011, prima edizione italiana ott 2012
Furgul è un cane, un lurcher, l’incrocio tra un levriero e un cane da lavoro. Secondo la teoria delle razze canine quindi, Furgul è un cane veloce come un levriero ma resistente come un cane da lavoro: l’eroe perfetto per un romanzo come quello di Tim Willocks, intitolato DOGLANDS, recentemente tradotto in Italiano e uscito in libreria per i tipi di SONDA. Questo romanzo è una novella, un fantasy, un libro per ragazzi, un libro per riflettere su come ci siamo ridotti nelle relazioni tra specie, quindi un libro decisamente per adulti… è tutte queste cose assieme, dipende dalla lettura che siamo disposti a farne.
La storia inizia con Furgul ancora cucciolo, partorito assieme a tre sorelline da Keeva, una levriera da corsa, una campionessa, reclusa nella piccola gabbia in cui conduce la sua misera esistenza tra una gara e l’altra. Furgul però è un cucciolo molto speciale, è il figlio di Argal, un cane leggendario, che non si è mai piegato alla schiavitù e che ha vissuto correndo nel vento e lottando per la propria libertà contro la società degli uomini, che nel romanzo vengono chiamati i Grandi.
L’allevatore di levrieri dal quale dipende la loro vita – Deadbone – scoprirà presto che i cuccioli non sono levrieri purissimi e per questo motivo cercherà di liberarsene, come già mille altre volte aveva fatto con tanti cani prima di loro, o in quanto incroci non puri, o in quanto levrieri non abbastanza veloci, o perché ormai vecchi per gareggiare con successo.
Furgul sente in sé lo spirito ribelle di Argal e prima di venire eliminato promette alla madre, Keeva, di tornare indietro a salvarla. Così farà, ma la separazione sarà lunga e nel tempo lungo in cui si dispiega il racconto, Furgul farà innumerevoli incontri e imparerà tante lezioni preziose. Imparerà qual è il ruolo dei cani nella società dei Grandi, il prezzo da pagare per vivere nel comfort domestico, conoscerà la persecuzione dei randagi, la vita del ricercato, la cattura violenta degli accalappiacani, la vita nei canili-lager dove hai solo 5 giorni per venire o adottato o soppresso. Scoprirà l’amore, l’amicizia, la sofferenza, la lealtà e la fraternità canina. Conoscerà le ferite della carne causate dalle armi degli uomini, la loro malvagità, le tecniche sadiche usate per sottomettere e piegare lo spirito libero e focoso dei discendenti del lupo.
I cani vengono finalmente raccontati a partire dal loro punto di vista, con le loro distinte personalità, con pregi e difetti, piccole vigliaccate e grandi slanci d’eroismo.
Il romanzo denuncia come la società dei Grandi si rapporta ai cani, ipocritamente definiti “i migliori amici dell’uomo”. Ma l’uomo è il migliore amico dei cani? L’allevatore Deadbone fa loro del male per una questione di razza, o di performance sportiva, i gestori del Luna Park li bastonano fino a piegarli alla schiavitù e per farne dei complici durante i loro furti, e per semplice sadismo. Certi umani bonaccioni come Gerry e Harriet chiedono ai propri cani di barattare i loro istinti per avere in cambio pasti caldi e un tetto per la notte: ma non rispettano i loro bisogni reali e impongono regole contro-natura su cibo gioco e funzioni corporali, reputano imbarazzante lasciarli annusare dove vorrebbero, si spaventano e tirano furiosamente il guinzaglio quando al parco i cani si chiamano tra loro abbaiando, o inscenano finti combattimenti che usano per divertirsi un po’. E per un cane come Furgul questo è un limite espressivo inaccettabile.
Le strutture stesse dei canili incoraggiano l’interpretazione di uno stereotipo di cane, che si fa compatire, che scondinzola in automatico appena si avvicina un potenziale adottante, che mostra devozione e gratitudine per una carezza.
Pochi sono i Grandi che comprendono profondamente i cani e che sono in grado di rispettarli nella loro specificità etologica e di valorizzare le loro personalità individuali. Ma nel romanzo incontreremo anche questa tipologia di umano.
Tutto il libro è pervaso da un’atmosfera epica e spirituale che ho trovato incantevole. A partire dal titolo Doglands, che inizialmente sembra un luogo reale, ma poi si rivela come un modo di pensare, uno spazio di libertà e di autonomia psicologica che solo alcuni cani riescono a conservare rispetto ai dispositivi alienanti e condizionanti della società dei Grandi.
Sempre dall’epica sembra mutuato il rapporto tra generazioni e il concetto della morte. Doglands è un racconto avvincente al quale non resterete indifferenti. Vi commuoverà per l’epica, per l’eroismo, ma anche per il suo realismo e la sua ferocia, più diffusa – va detto – tra i personaggi umani che non tra i protagonisti discendenti dal lupo e con i canini prominenti.
Buona lettura dalla vostra, Camilla Lattanzi
Discussion
No comments yet.